Comune di Fossato di Vico

Festa degli Statuti

Immagina di essere avvolto da una magica atmosfera medievale, tra mura e vie, piazze e chiese a far da piacevole scenario. Lasciati trasportare dall’allegria, dall’autenticità dei portaioli, assapora i gusti, gli odori ed i sapori della tradizione, concediti un buon calice di vino tra canti, voci di mestieranti e grida di giubilo. Apri gli occhi sei a Fossato di Vico! Sei parte della Festa degli Statuti! La manifestazione che ogni secondo week end di maggio, rievoca dal 1996, gli antichi Statuti medievali, le leggi che regolarono il castello appenninico per diversi secoli, pubblicati ufficialmente il 13 maggio 1386. Porta del Castello, Porta del Serrone, Porta Nova, Porta Portella, sono pronte a sfidarsi di nuovo. Nella nobile disfida dell’arco storico, nell’avvincente gara della Ciurumella, ma soprattutto nella ricostruzione storica, nell’elaborazione dei mestieri, nella preparazione del corteo e nell’allestimento della taverna. Alla commissione dei giudici l’arduo compito di valutare attentamente e di decretare la Porta vincitrice che alzerà al cielo il Palio nella serata finale di domenica. Lasciati andare… sei nella storia!

William Stacchiotti

MONUMENTI DI FOSSATO DI VICO

 

Monastero di Santa Maria del Fonte

Appartiene all’ordine benedettino. Tra i ben cinque insediamenti monastici del Medioevo fossatano, è l’unico ad esser sopravvissuto come tale, nella sua clausura trasformatasi nel tempo da papale a vescovile (nel territorio medioevale fossatano sono presenti anche i Templari, che erano anche monaci, con la loro chiesa di Santa Croce de Culiano, cioè di Collina di Purello, chiesa tuttora esistente e che è stata l’unica templare della vasta diocesi di Nocera). L’atto di fondazione, del 1292, dice che è da costruire iuxta castrum (vicino al castello, non dentro, per sottolineare anche in questo il distacco dal mondo) e per l’esattezza iuxta fontem dicti castri, quello poco a sud chiamato le fontanelle. Tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento incorpora il monastero di Santa Caterina, sorto nel 1314 nei pressi del Colle di Fossato e nel luogo che, dopo la sua totale scomparsa, ne conserva tuttora il toponimo; il monastero di Santa Caterina, una cui modesta farmacia in noce è stata usata in Santa Maria del fonte fino agli anni cinquanta delle XX secolo, nel 1431 aveva a sua volta incorporato la chiesa di Santa Croce. Il monastero, fu ristrutturato dal 1961 in poi.

 

San Benedetto

Chiesa abbaziale dei Silvestrini, di osservanza benedettina, sorta forse nel 1200, anche se su una pietra del portale d’ingresso è incisa a caratteri gotici la data 1337. Come membro del monastero di Monte fanno o San Silvestro, sovrastante Fabriano, nel 1341 e 1344 ospita due capitoli generali della Congregazione. In questo secolo con il precedente da parte di essa inizio mercato domenicale con i mercanti forestieri (rubrica CXXXXVIII degli Statuti medioevali di Fossato: “… iuxta et ante ecclesiam sancti benedecti”), a cui almeno un membro di ogni famiglia del castello è obbligato a partecipare “cum aliqua re vel mercantia”, testimonianza dell’avvenuto superamento della chiusa economica curtense ed anche della centralità viaria del castello di Fossato. Questi mercanti venivano ospitati nell’hospitale trivii de strata, che sorgeva a pochi metri di distanza. Importante a livello artistico è la facciata, bella anche perché integra, la quale si caratterizza per il semplice rosone, i due portali ogivali, la monofora trilobata e il campanile che divide la Chiesa dalla parte abitativa, mentre all’interno sono da notare la navata centrale a tutto sesto, le due cappelle laterali a crociera ed i residui affreschi del tre – quattrocenteschi.

 

Le Rughe

Un raro e suggestivo esempio di architettura castellana duecentesca, che risolve in un’unica soluzione i problemi della viabilità e della difesa lungo il perimetro interno della cinta muraria di ponente, sulla quale si apre la portam castri che, sotto la torre merlata, è tuttora l’ingresso principale del castello. Ma siccome sono le esigenze di difesa a prevalere su quellie di viabilità, la strada livellata che si vede oggi, allora non esisteva ed era invece un percorso a saliscendi, per così dire, su alcuni punti del quale confluivano, passando sotto le case, brevi discese proveniente dalla parallela immediatamente superiore, detta lo Stradone ed oggi via Roma, evidentemente allo scopo di favorire il movimento difensivo dei castellani verso la cinta muraria e la portam castri. Le rughe costituiscono ancora un esempio di urbanistica medioevale, avente in questo caso il duplice scopo militare di disorientare quel nemico che fosse riuscito ad entrare nel castello superando la portam castri e conseguentemente di favorire il passaggio dei castellani alla controffensiva. Attualmente si possono notare le coperture con volte in pietra a tutto sesto o con tavolato, i potenti archi acuti o a tutto sesto che le sorreggono, le feritoie da cui prendono luce e che nel medioevo erano anche luogo di difesa dagli attacchi esterni su questo fronte, grazie anche all’aiuto che veniva ad esse dalle strutture che vi poggiavano sopra e che sui quattro tratti rimasti tuttora poggiano.

 

Torre del palazzo comunale

Nel Medioevo sono rispettivamente la bertesca del castello, che permetteva la defensam in muro comunis de super et de suptus, come voluto dagli Statuti, e la sua annessa domus,  integrata con unam domunculam pro stantia custodum; per incrementare l’armamento difensivo, ogni Vicario uscente, dopo i sei mesi di mandato, lasciava al Comune unam balistam et unam rotellam del valore di due fiorini d’oro. Sulla bertesca lo stemma cum armis comunis et cum grifone, quello perugino in segno di dominio e protezione. Di tutte le bertesche che gli Statuti vogliono lungo la cinta muraria, con uguali caratteristiche e fini si conserva quest’unico esemplare, che lungo la cinta è anche una delle turres, presenti già in atti della metà del duecento. La merlatura in mattoni appare successiva al XIV secolo, mentre è datata 1536 l’ultima robusta porta, di cui si conserva un’anta, del goticheggiante arco d’ingresso, sotto il quale si vedono ancora i cardini; questa porta, di cui si conserva la chiave, risulta vigilata come le altre porte di Fossato, da custodes ad portas giorno e notte, ancora negli anni cinquecenteschi che precedono, e seguono di poco, la sottomissione allo Stato pontificio del 1540, duramente segnati per Fossato da aggressioni, tradimenti, pestilenze e disagi di ogni genere, come già altre volte in passato e di fronte ai quali ha sempre raggiunto con la sua leggendaria capacità di sopravvivenza e di difesa. I custodes impedivano l’ingresso anche a i contribuentes abitanti fuori delle mura del castrum, se sprovvisti dell’apposita licentia del sindaco e dei suprastantes addetti all’organizzazione della guardia alle porte; era l’unica porta d’accesso, infine, su questo fronte ovest dell’insediamento murato e per la sua particolare importanza era protetta, come si vede ancora in una raffigurazione di Fossato del 1817, da due porte che controllavano l’accesso alla piazzetta stessa antistante la torre merlata e che erano collegate da due torri che oggi sono le due strutture civili davanti a torre merlata stessa e che, aggiunta alle altre 14, portavano il totale a 16.

 

San Pietro

È la più antica chiesa di Fossato, eretta in origine a monastero de’ monaci camaldolesi come riferiscono manoscritti, nonché possesso del benedettino monastero di Santa Maria Appennino (di cui restano alcune pietre sul confine appenninico tra Fossato e Fabriano) in una bolla di Papa Adriano IV del 16 marzo 1156 o 1157. Potrebbe essere sorta però nel secolo precedente, se si riferisce ad una chiesa in questo luogo la pergamena del 1080 in cui Biligarda – in redenzione dell’anima sua e del marito defunto – cede al Monastero di Santa Maria d’Appennino una terra in loco qui dicitur fossato posita iusta sancto pietro; in questo caso l’architettura che si conserva sarebbe un rifacimento ed infatti certe sue severe forme gotiche, diffuse dai Cistercensi, in particolare la pianta e la volta a botte in pietra  a sesto lievemente acuto, appartengono al periodo a cavallo tra XII e XIII secolo. È certo comunque che ha preceduti la costruzione di Fossato, anche perché come chiesa principale non si trova al centro del castello, come invece era di regola quando nasceva un insediamento murato, ma sulla sua cinta muraria e al punto da trasformare un suo transetto in un fortilitium che, su questo lato sud della cinta muraria, quello più esposto ad attacchi, andava ad affiancarsi ad altri quattro. Scavata nella roccia a est e a nord, sormontata dall’abitazione degli antichi monaci (cui si accede anche dall’interno della chiesa per una ripida sala ancora scavata nella roccia), si affaccia su una piazzetta delle caratteristiche ancora medievali. Come testimoniano le residue pietre con la croce sui muri antistanti e i documenti d’archivio, la chiesa è stata il grande cimitero del territorio fossatano dalle origini fino agli anni settanta del XIX secolo. Caduta in totale abbandono in tali anni per spostamento della pievania alla chiesa di San Sebastiano, che ha assorbito parte delle sue numerose ricchezze, è stata restaurata e riaperta al culto esattamente un secolo dopo, lasciando in evidenza alcune tracce di affreschi, un avello ed altri elementi ed aggiungendo all’interno un seicentesco stemma in pietra del fossatano cardinale Gherardi, il rocco di colonna dorica sorreggente l’altare proveniente dagli scavi del 1868 in Aia della Croce (Borgo di Fossato) e la bella acquasantiera in pietra bianca, appartenuta in precedenza alla chiesa duecentesca di San Cristoforo, rinvenuta dallo scrivente in una stalla di Fossato e donata alla chiesa di San Pietro. Da citare infine lo spettacolare lavatoio in pietra di età pontificia, che sta al di sotto della chiesa di San Pietro e subito al di là del muro di cinta.

 

La Piaggiola

Monolocale duecentesco con volta a botte e quattro arcate accennate a movimentarlo, definito Chiesina di Santa Maria della Piaggiola, nella relazione di L. Carattoli del 1869, definizione ripresa nel 1900 da Alfieri nel suo libro, ormai introvabile, Fossato di Vico – Memorie storiche. Ma come chiesa non la si incontra mai nelle carte storiche, anche se qualche sua funzione religiosa non è da escludere. È stata anche definita sede del Monte di Pietà, ma di sicuro lo è stata solo in qualche epoca e non per esempio intorno alla metà dell’Ottocento, quando pure di monti Fossato ne aveva due, quello pio frumentario contiguo ad un altro dei pegni (è notevole, in proposito, come la creazione di un Monte di Pietà sia stata decisa a Fossato, con novantacinque voti contro sette, da una delle sue ultime arenghe, quella dell’11 aprile 1540, un mese esatto prima della sottomissione allo Stato Pontificio; in Comune si conserva un pergamenaceo Statuto del Monte di Pietà, in trentatre punti, del 1681).

Il ciclo pittorico della Piaggiola è attribuito dai critici all’eugubino Ottaviano Nelli, nato intorno al 1370 ed autore di questo ciclo presumibilmente nel 1405, e non più a suo padre Martino, come voleva una tradizione fatta propria anche dall’Alfieri, del quale si ignora anche, aggiungono i critici, se fu veramente pittore. Certo è che i lavori di Ottaviano, è tra i maggiori esponenti del movimento detto gotico internazionale, si trovano un pò ovunque nell’Italia centrale. Circa il committente degli affreschi della Piaggiola, riferisce Carattoli nella sua citata relazione di aver letto sotto la scena della crocifissione, la seguente iscrizione purtroppo mutila: hoc opus fecit fieri dna Francisca filia quondam… Iniziando ad ammirare gli affreschi dalla parete destra, essi rappresentano: un San Michele Arcangelo ed un Cristo crocifisso sull’albero della vita; segue lo stupendo Madonna con il bambino in trono fra le Sante Anna e Caterina d’Alessandria, con la scena dello Sposalizio mistico di Santa Caterina, al dito della quale Gesù infila un anello; segue una Pietà ai piedi della croce; sulla lunetta di fondo, ciò che resta di una Crocifissione a cui sono presenti San Francesco ed un altro santo, oltre soliti dolenti ed angeli. Passando alla parete sinistra seguono: una Madonna e Bambino in trono ed al lato San Giovanni Battista; S. Antonio Abate e Sant’Onofrio; una Madonna del Latte e un Cristo Morto nel Sepolcro, che per G. Donnini sono di un allievo della scuola del Nelli. Al centro della volta si notano cieli con stelle ed in un tondo il Cristo Benedicente.

 

Forno del “pan venale”

La definizione, di epoca pontificia, sta per pane a pagamento; qui il panicocolo (fornaio) lo faceva e lo vendeva, dandone da vendere anche allo spaccio del pane venale e il tutto era regolato dal Comune. La sua costruzione nel sotterraneo del duecentesco palazzo comunale è ordinata da una rubrica della riforma non sa del 22 settembre 1406 e l’altro dei due, quello più grande dalla lunga e stupenda volta a botte in pietra, separato da un muro da questo più piccolo, ha l’ingresso dall’altra parte opposta del palazzo. Nel Duecento e Trecento, non esistendo questi due forni, il pane si faceva in altri locali del castello o dello stesso palazzo comunale, nei quali il “panifacola” (fornaio) fatto ogni operava sotto le direttive dei due massarii eletti in collegio comunale, che curavano l’asseptum panis secundum valorem grani; ma naturalmente era possibile cuocere il pane anche sul focolare di casa propria. Inoltre bisogna fare la distinzione tra il forno del pan venale, che appunto fa il pane e lo vende, ed il forno dei particolari, quello più grande, che cuoce pane che le massaie portano da casa.

Il Forno del pan venale è stato in funzione fino agli anni della prima guerra mondiale e l’altro fino al 1953, cioè fino alla morte dell’ultimo fornaio che lo gestiva, Mariano Merollini. Fino a questa data le famiglie andavano a macinar grano al molino e le massaie facevano il pane in casa, avvertite da Mariano circa l’ora in cui dovevano portare il pane al forno, per turni di cottura che cominciavano anche alle due di notte e si protraevano fino a mezzogiorno; era sempre Mariano che andava di notte per il pane a dare la sveglia a qualcuna, a riscaldare il forno con legna propria, a pagare al Comune una cinquantina di lire all’anno per l’affitto del forno, a riscuotere dalle massaie il fornatico, fatto ora di centesimi per ogni fila di pane che era stata cotta, ora di un pò di pane di quello cotto, quando dalle saccocce non saltava fuori neanche un centesimo. Quando il pane usciva dal forno, il suo profumo si sentiva per tutto il paese.

 

Vecchio Palazzo Comunale

È il palatium comunis castri fossati della cui edificazione in loco et casalino ubi nunc est si legge negli Statuti medievali del castello, avvenuta nel Duecento in quanto il palazzo risulta esistente il 4 giugno 1290 per un atto che un notaio di roga in tale data e relativo ai rapporti di lite tra il Comune e il monastero di Santa Maria d’Appennino; l’anno, invece, in cui per la prima volta appare citato per Fossato il Comune, è il 1266.

Era il luogo delle funzioni amministrative della comunità, è ubicato al centro del castello, su un angolo della sua piazza maggiore, (ma non nel Medioevo, quando davanti a sé aveva tutta una grande piazza, perché l’attuale chiesa di San Sebastiano allora non esisteva) e sul punto di confluenza delle strade interne; la dolce struttura a copertura lignea, immittente al piano superiore del palazzo e poggiante sulla volta di pietra a tutto sesto che sovrasta Via del Forno, è la logia habitationis di cui si legge nella Publicatio Statutorum degli Statuti di Fossato, avvenuta il 13 maggio del 1386, cioè la loggia dell’abitazione del Vicario del castello, che lì, alla presenza di testi, espone e rende noto a tutti il completato e grande Corpus iuris che il libero Comune si è dato. Il palazzo nel Medioevo ospitava anche la curia, nella quale il Vicario amministrava due volte al giorno giustizia a porte aperte, mentre era proibito stare presso il palazzo, salvo pagare una piccola pena di due soldi, quando in esso erano in corso il Consiglio o la correptio statutorum e quando in esso si facevano la distribuzione del salario o l’imposizione della colletta, cioè la tassazione. Oggi è la sede dell’Antiquarium comunale.

 

Le Carceri

Si tratta di tre locali forse duecenteschi, intercomunicanti, scavati nella roccia che in alcuni punti si vede ancora affiorare dal pavimento, caratterizzati dalla pietra con cui sono costruite le stesse pareti e le robuste volte, recuperati negli anni 1970 dall’abbandono in cui giacevano da oltre un secolo; e in quell’occasione che si sono messe mattonelle su un pavimento che prima era di nuda terra (dopo di che hanno ospitato l’archivio Storico Comunale fin verso la fine degli anni ‘80). Mentre è certa la funzione da cui prendono il nome per l’età pontificia, 1540-1860, è solo ipotizzabile una eventuale identica funzione nei precedenti tre secoli circa di età comunale, quando Statuti e Riformanze di Fossato parlano di persone da condurre in fortiam comunis o da custodiri in palatio, o in caso, da mettere in cippis comunis; è la Riformanza del 1425 a parlare espressamente della possibilità di carcerare aliquem habitatorem di Fossato. Il fatto che in età medievale prevalgono pene pecuniarie, come testimoniano gli Statuti due – trecenteschi di Fossato, mentre in età pontificia prevalgono pene corporali, indica nel primo caso tempi di prosperità e nel secondo caso tempi di crisi. È inoltre da notare come età pontificia si possa finire talora in carcere anche per un innocuo gioco, come mostra l’esempio tratto dall’Archivio Storico Plebanale, del 17 luglio 1853, in cui si vede la Curia Vescovile di Nocera ordinare al Vicario Foraneo di Fossato che Domenica Mariangeli e la si faccia stare tre giorni in codeste carceri in solo pane ed acqua, e poi si dimetta, perché da un esposto dell’8 luglio aveva preso che la giovane Domenica, figlia della vedova… di fossato, mentre era intenta nei giorni precedenti con l’altra gente a zappare i granturchi in un terreno, niente di meno si fece lecito prendere libertà di parole troppo inoltrate con Simone Bucefalo di Fossato stesso ammogliato e quindi giunse fino a lottare con questi, per cui dette non poco di scandalo… La povera Domenica stette a pane ed acqua, all’umido, al buio e sulla nuda terra, mentre per Simone suo compagno di giochi non vi furono pene.

Dalle carceri qualcuno riuscì a fuggire; per esempio il panicocolo (fornaio) del paese, arrestato per aver frequentato in Fossato la casa di una donna chiacchierata:… è accaduto che il carcerato Nasoni è sortito dal carcere senza sapere in qual modo, giacché la porta era chiusa ed inchiavata, riferisce il 26 settembre 1826 il caporale P.Benni al Vicario Foraneo.

 

San Sebastiano

La prima notizia, che riferisce di un capellani s.ci Sebastiani, è del 1502 e perciò la chiesa, comunale, è di probabile origine tardo quattrocentesca e contemporanea al sorgere del culto del santo che proteggeva dalla peste, che anche a Fossato lasciavano dietro di sé eserciti e bande mercenarie ad ogni passaggio; prima di San Sebastiano, che dunque il protettore del Comune dalla seconda metà del 1400, erano protettori di Fossato S. Giovanni Battista e S. Pietro.

La chiesa che noi vediamo oggi, era all’epoca una cappella, forse ubicata nelle sottostanti le Carceri, al di sopra della quale si facevano le comunali arenghe o adunantie dei capifamiglia maschi di tutto il territorio ancora sul finire del Medioevo. In quell’epoca, oltre ai riti, vi si facevano pubbliche promesse di dote alle maritande  in robbe o denari, vi si incontravano capre a girovagare ed altro ancora; e anche da citare come nel primo ‘500 appaiono collegate a San Sebastiano due chiese che ora non esistono più, quella di San Rocco, ubicata nella valle di San Martino, e quella di Fraternita, interna le mura castellane. Si incontra poi un rescritto del 1617 del vescovo di Nocera, che vuole che la Chiesa si riedifichi ed ingrandisca, ma non pare che ciò sia stato eseguito, finché, dopo sporadici interventi a più riprese, negli anni ‘60 del X1X secolo si trasforma nell’attuale struttura, che architettonicamente straripa sconvolgendo l’antico ordine circostante. È in quell’occasione che dall’antichissima S. Pietro, considerata inadeguata, ma che tuttavia gli fornisce molte sue ricchezze, vi si trasferisce la pievania, con formale capitolato tra questa e il Comune in data 24 ottobre 1863, mentre l’apertura al culto è del 3 settembre 1871. Pregevoli nel presbiterio alcune restaurate tele seicentesche e sovrastanti l’ingresso un settecentesco organo a canne da mantici a corde.

 

San Cristoforo

Chiesa abbaziale del Duecento, perciò coeva alla costruzione di Fossato ai piedi del primitivo maniero, sitam intus castrum fossati sita, nonché membrum abbatie sitrie, come la definisce il 6 marzo 1566 il vescovo nocerino Mannelli durante la visita pastorale.

La più antica notizia che di essa ci pervenga è del 24 giugno 1304 ed è in un atto pergamenaceo rogato nella chiesa di S. Pietro dal notaio Petre Venturelle de castro fossati, citante il cappellano della Chiesa di San Cristoforo: Marco di Maffuccio. Come membro del Monastero di Font Avellana, di dantesca memoria, apparteneva all’ordine dei camaldolesi, come già i monaci di San Pietro, uno dei più benemeriti della nostra storia per la protezione di foreste, per la trascrizione dei codici…. I monaci abitavano nella casa contigua, cui si accede anche dalla conservata base del campanile sovrastante il caratteristico vicolo che fiancheggia la Chiesa stessa. La dipendenza di San Cristoforo dall’Avellana significa che era questa a procurare gli arredi sacri e a nominare di volta in volta il titolare. Essa fu sede di una delle parrocchie di Fossato e non perché aveva un suo territorio, ma soltanto quoad animas, era infatti la parrocchia gentilizia, all’interno di quella di S. Pietro che comprendeva tutti gli altri. Fu abbandonata nel 1876 ed il suo titolo finì alla chiesa di Borgo costruite negli anni 1920; la chiusura definitiva al culto avvenne con Decreto del 28 ottobre 1915; mentre la cessione gratuita al Comune della Chiesa, con annessi orto e casa canonica, da parte della Direzione Generale del Fondo per il Culto, è del 1936.

Tutt’oggi conserva i primitivi anelli per le sepolture, nel caratteristico pavimento in leggera discesa, copertura a capriate lignee, abside poligonale gotica, un transetto laterale, frammenti di affreschi del 1300/1400, un altare di stile settecentesco e tracce di un restauro del 1820.

 

Torre pubblica

Quest’isolata costruzione in pietra sovrastante la piazza centrale e sormontato da arcate a tutto sesto, nel Medioevo aveva la funzione di scandire il tempo attraverso il suono manuale della campana. Era utilizzata anche per le più varie segnalazioni, e così indicava l’inizio e la fine della giornata per distinguere l’attività diurne dalle notturne, obbligava il sabato alla cessazione del lavoro dopo che aveva a sua volta suonato al vespro la campana di Santa Maria del fronte, convocava aringhe squillando in un certo modo a tutto il territorio la sera precedente, suonava ad martellum per segnalare pubbliche situazioni di emergenza e così via. La funzione cronologica è perfezionata sul finire del Medioevo, grazie alla famiglia più creativa della storia fossatana, quella dei Gricci. I quali, presumibilmente nel 1516, avviano anche l’attività di costruttori di orologio da torre per iniziativa di Martino, nato nel 1470, un nipote del quale, Tiziano nato nel 1545 da Giovanni, porterà quest’arte massimi livelli, operando in tutt’Italia centrale e naturalmente in Fossato, per la cui torre costruisce insieme a suo figlio Claudio quell’orologio che ha scandito le ore fino agli anni ‘70 di questo secolo, quando è stato sostituito per conservarlo come prezioso documento da un congegno elettrico. Su un faccione di ferro dell’orologio si legge ancora la scritta: “TITIANUS GRICCIUS FOSSATENSIS FACIEBAT ET CLAUDIUS FILIUS EIUS PERFECIT NEL ANNO 1603”, come dire che Tiziano costruì nella seconda metà del Cinquecento, quest’orologio, poi perfezionato dal fine 1603.

Nel Medioevo, comunque, questa torre ubicata al centro del castello nasce come perno del sistema difensivo: dalla sua sommità si potevano vedere e militarmente coordinare, durante gli attacchi dall’esterno, tutte le 14 torri disseminate lungo la cinta muraria e le due antistanti la torre merlata o ingresso principale del castello, per un totale dunque di 16 torri.

È per tale ragione militare che questa torre pubblica è stata costruita non sul palazzo pubblico e come sua appendice, come invece si vede nella grande maggioranza dei palazzi pubblici italiani del Medioevo, ma separata da esso è posto più in alto a dominare tutto.

 

Il Roccaccio

È il rudere del primitivo castrum fossati, sorto bizantino, in greco fossaton significa fortificazione in altura, in funzione antilongobarda a difesa della Flaminia e delle popolazioni sopravvissute, dopo la scomparsa della romana Helvillum, attuale Borgo, avvenuta presumibilmente durante la guerra goto – bizantina del VI secolo d.C.; tombe di quest’epoca barbarica sono state trovate nel 1963, circa 30 metri a sud del rudere.

Strategica e inespugnabile rocca di frontiera, unico e solitario baluardo di tutto il Nord – Est umbro per circa sei secoli, nel ‘200 vede sorgere ai suoi piedi il burgus o secondo castrum fossati o attuale paese centro storico, nella cui cinta muraria viene inglobata, ed a cui trasferisce, come un padre al figlio, le funzioni che erano state sue. L’innestarsi del secondo, comunale e basso medioevale, sulla realtà del primo, feudale ed alto medievale, stabilisce l’omogeneità culturale fra i due e rivela quale sia la continuità tra le due grandi epoche, per altri versi così diverse fra loro, del nostro Medioevo. Un’idea sulla sua custodia ce la danno i Capitola arcis sive Rocche Foxati redatti in latino e in volgare nel 1508, nei quali il Comune affida per un anno la Rocca al fossatano Perantonius ed alla sua famiglia, ricompensati con 18 monete della Marca e nei quali costui promette e giura, presenti due garanti, di bene et fideliter dictam arcem custodire et bonam custodiam facere una cum suis filiis de die et nocte e di rispettare i Capitoli, sotto pena di 100 ducati d’oro in caso d’inosservanza; questi prevedono anche che il custode metta di notte due guardie, che non possa dare recepto ad alcun bandito o condannato da Perugia, né ad alcuno che non fosse subiecto alla corte de fossato… socto pena de perditione de tucti li soi beni, che la Rocca non possa essere aperta dopo il suono serale dell’AveMaria e fino all’aurora. Nel 1672 si vedono 30 scudi da spendere per le sue mura che minaccian ruina, nel 1701 viene inserita per l’ultima volta tra le voci comunali di spesa (60 scudi), nel 1817 compare in un disegno, ancora in piedi, con tanto di mastio o cassero. Oggi rimane solo il rudere.

FONTE:

Guida storica di Fossato di Vico di Luigi Galassi

 

Santuario Madonna della Ghea

Il Santuario dedicato alla Madonna della Neve alla Ghea è ubicato in aperta campagna sul luogo di un antico insediamento romano, a poca distanza dalla frazione di Purello, in località Ghea.  La struttura originaria dell’edificio religioso, probabilmente in stile gotico, doveva già esistere prima dell’anno 1000, ma la prima testimonianza scritta è del 1229. L’edificio subì notevoli rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Di certo si sa che nel 1574 era già viva la particolare devozione verso la Vergine stante la visita apostolica di Pietro Camaiani, tuttavia per i secoli precedenti mancano informazioni essendo quasi tutto il materiale d’archivio andato perduto. Tra il 1893 e il 1907 il santuario fu oggetto di interventi di restauro, così pure tra il 1925 e il 1927. 

Oggi la chiesa si presenta ad unica navata, con tetto a capanna, copertura lignea, campanile a torre; l’esterno molto semplice è preceduto da un porticato. Il 5 agosto di ogni anno si celebra la Festa della Madonna della Ghea momento di condivisione e devozione per tutto il territorio della fascia.

 

Chiesa Templare di Santa Croce

In località Collina di Purello sorge la piccola chiesa rurale di Santa Croce de Culiano. Il toponimo Culiano è d’assai probabile origine latina. Inclusa nella Diocesi di Nocera Umbra e, un tempo, nel territorio di giurisdizione del Castrum Sigilli, o del Castrum Fossati, la chiesa, fondata probabilmente nel XII secolo, viene per la prima volta citata da carte d’archivio durante il 1297, quando si parla dei rapporti allora intercorrenti tra il monastero templare perugino di San Giustino d’Arna e il vescovo di Nocera Umbra.

Nel documento archivistico, il monastero templare elegge un tale Bonaguida quale rettore della chiesa di Santa Croce, che era allora sprovvista, domandando al vescovo l’espresso riconoscimento dello stesso rettore.

Nel medesimo anno, il vescovo di Nocera, essendo deceduto il precedente, elegge un nuovo rettore, già cappellano della vicina chiesa di Santa Maria della Ghea, Tomasso Bentivolli, candidato da un tale legittimato a tanto “dal Maestro e dai Precettori” dei Templari e del monastero di San Giustino.

A Perugia, nella rinnovata Galleria nazionale dell’Umbria si può ammirare una splendida scultura lignea della Vergine, risalente alla prima metà del Trecento, che trovava collocazione all’interno della chiesa e forse, era stata commissionata proprio da loro, poco prima della soppressione del loro ordine nel 1312.

storia

Attestato sulla prime falde rocciose della Cima di Mutali, sorse su un abitato umbro, divenuto poi Vicus Helvillum, antica stazione di posta romana fortificata sulla via Flaminia. Fu un importante centro in epoca romana data la sua posizione al crocevia di importanti strade, ma con la caduta dell‟Impero e la successiva lunga lotta gotico-bizantina, scomparve probabilmente distrutta dopo l’ultima battaglia conclusasi in quest’area con la vittoria dei Bizantini. L’insediamento venne presto ricostruito grazie alla sua importanza strategica proprio dai Bizantini in posizione più dominante.
Nel 996 Fossato (termine di derivazione greca che indica luogo fortificato) divenne feudo di Lupo, Conte di Nocera che nel X secolo ottenne quel territorio in feudo da Ottone III. Nel XII secolo il comune passò nelle mani dei Conti di Marciano che alla fine nel 1251 lo vendettero a Gubbio. Nel 1258 Fossato di Vico fu ripreso con la forza da Perugia e nel 1259 si organizzò in libero comune, dipendente da Perugia ma con propri statuti. Nel 1442 il castello resistette vittoriosamente agli assalti delle truppe di Francesco Sforza, mentre nel 1500 subì il saccheggio ad opera di Cesare Borgia e stessa sorte ebbe nel 1517 ad opera del Duca di Urbino. Nel 1540 con Perugia e altre terre viene occupato dalle milizie pontificie e da allora le sue vicende si legano con quelle delle altre terre dell’Umbria fino alla annessione al Regno d’Italia, ad eccezione di una breve parentesi durante il periodo Napoleonico in cui essendo terra di confine tra Impero di Francia e Regno d’Italia, fu posto di dogana.

Lo stemma
Nello stemma è raffigurata la Torre del castello, detta bertesca nel medioevo, cum armis comunis et cum grifone, ovvero con il grifone perugino in segno di dominio e protezione a seguito della vittoria del castello da parte Perugia nel 1259 contro la rivale Gubbio.


Personaggi illustri
Tra i più noti Fossato annovera:

– Melchiorre da Fossato (sec. XV) insegnante di grammatica all‟Università di Perugia.

– Il Cardinale Pantalissi-Armellini (sec. XV-XVI) nato a Fossato nel 1469, divenuto poi potente ecclesiastico e morto nel 1527 durante il sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi. Fu segretario di Giulio II e del Sacro Collegio, adottato da parte di Leone X nella sua potente famiglia (i Medici), protonotario apostolico poi chierico di camera e segretario apostolico, cardinale, Legato della Marca, pro-legato dell‟Umbria e più tardi della Francia, Camerlengo arcivescovo di Taranto su nomina di Clemente VII e pro-vice cancelliere, si pensa dunque che se non fosse morto sarebbe diventato il prossimo Papa.

– Cesare Gherardi (nato nel 1677 e morto nel 1623) insegnate di Diritto Canonico a Perugia e Fermo, uditore del cardinale Borghese, canonico di S.Maria Maggiore e di S.Pietro, Soprintendente dello Stato, cardinale e Vescovo di Camerino.

– Filippo Angeli (sec. XVII) professore di grammatica nello Studio di Padova.

– Simone Calandrini (sec. XVIII), Capitano al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia.

– Fratelli Venturi (sec. XIX), di cui il medico e scrittore di medicina Luigi, il vescovo Mariano e l‟avvocato nonché anche sindaco di Fossato Filippo.

Sito ufficiale del Comune di Fossato di Vico

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